La soglia invalicabile. Commento all’opera “Ragazza che cammina” (1966) di Michelangelo Pistoletto.
Quest’opera rappresenta una porta. Attraverso questa porta noi entriamo in contatto con la nostra immagine riflessa. La nostra immagine, come in un carosello di figure, si alterna con le immagini di altri spettatori.
Il pubblico è anche l’opera, fa parte di questa, perde la sua neutralità.
Tra noi e la nostra immagine si frappone una figura che si trova sulla soglia della porta. La figura ha funzione di cerniera, confine tra noi e il nostro riflesso. E’ la mediatrice tra lo spazio reale e lo spazio virtuale dell’opera.
Il confine, però, è puramente ideale, si può pensare, si può cogliere solo attraverso l’occhio della mente. Ma non possiamo andare contro questo limite, lo specchio, fatto di materiale duro e lucido, non ce lo consente. Possiamo solo vedere cosa c’è oltre.
Il punto di vista di quest’opera non è più statico, ma in continuo movimento. Se, nella pittura antica coincideva con quello dell’artista determinandone la visione, ora è il pubblico che lo genera attraverso la posizione che occupa nello spazio davanti l’opera. Il soggetto non è più uno, esistono tanti soggetti quanti sono gli spettatori che vengono riflessi in questo lavoro.
I due mondi, mondo reale e mondo virtuale, ci appaiono perciò distinti, separati da questo confine immaginario. Sono tuttavia collegati tra loro attraverso questa porta che ci introduce (un po’ come avviene nella fiaba di “Alice nel paese delle meraviglie”) si apre a questa nuova realtà.
Lo spazio reale prosegue in quello virtuale, si prolunga in questo. La porta ci permette di affacciarci al mondo riflesso, un po’ come la pittura antica ci consentiva di affacciarci al mondo immaginario che della realtà costituiva la sua copia.
Ci troviamo ancora di fronte ad una rappresentazione: non quella di una pittura, non quella fotografica, ma quella ottenuta attraverso la visione speculare di una superficie riflettente.
Francesco. 24-2-2018