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ART-icoliArte e bellezza (parte 2)

Arte e bellezza (parte 2)

Quello che volevo sottolineare nel mio scritto è che la bellezza nel compito artistico non è il solo fine dell’artista. Il bello non è una patina dietro la quale si cela o si maschera la nostra verità, chi siamo, altrimenti saremmo tutti ipocriti. In arte, voglio dire, essendo l’opera un mezzo espressivo, abbiamo la possibilità di esprimere anche ciò che non piace, il marcio che c’è in ognuno di noi, ciò che ipocritamente ci scandalizza, quell’immagine nostra dentro la quale non ci riconosciamo (Oscar Wilde esprime bene questo concetto ne “Il ritratto di Dorian Gray”). E questo può avvenire proprio attraverso le categorie estetiche del brutto, del mostruoso, del deforme, del raccapricciante e, perché no, del macabro. Occorre, perciò, riconoscere lo schifo che esiste dentro noi e fuori di noi e che ci viene difficile ammettere, anche se ciò richiede uno scrupoloso esame di coscienza. Ecco perché è importante per un artista esprimersi anche attraverso il brutto. Celandolo dentro di sé si rischia di diventare bugiardi. Lo scritto “Arte e bellezza” è nato proprio in relazione ad alcune critiche mosse contro la mia “Danza macabra”, il cui soggetto non si può certamente considerare bello. Questa Danza è l’espressione autentica di un momento vissuto da me, che non ho voluto celare e del quale non mi sono vergognato. Che senso avrebbe altrimenti rappresentare solo il bello, magari anche alla maniera di Raffaello, con un bel disegno, un bel viso, in modo tutto perfetto e leccato? Un tal genere di arte mi sembra vuota, superficiale, ipocrita. Il brutto (nel mio caso il macabro) ha pari dignità del bello e diritto quanto questo di essere rappresentato. Urterà il nostro falso perbenismo, ma avrà il vantaggio di toccare un profondo tasto della nostra anima, della nostra coscienza. Non ci piacerà, ma ci scuoterà e ci toccherà profondamente. Non accettando il brutto faremo un torto a tutta la Storia dell’Arte, la quale annovera, tra le opere riconosciute, anche quelle che non rispettano i canoni classici, le misure e le proporzioni che tutti noi pensiamo ideali. Ma l’arte non è la sterile ripetizione di alcune regole, anche se queste sono state dedotte dall’arte del passato. Così facendo opereremo un taglio netto che porterà ad escludere tutta l’arte espressionista, dove il deforme, la caricatura, il brutto, attraverso l’accentuazione del carattere del personaggio rappresentato, hanno un senso e una logica: infatti ci permettono di esprimere in maniera diretta il vero male di cui soffre l’uomo. Ne è un esempio “L’urlo” di Edvard Munch.

Francesco 18-9-2020
“L’urlo” di Edvard Munch (1893)

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