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L’imperfezione nell’arte

La bravura di un artista non sta nel fare un’opera totalmente scevra da imperfezioni, ma nel fare in modo che nessuno noti, si accorga di tali imperfezioni. Esse dovranno perciò passare inosservate.

Faccio un esempio. Agli esecutori di brani musicali classici viene insegnato fin da principio che, ogni volta che fanno una “stecca”, non devono fermarsi e così interrompere l’esibizione. Se si fermano la nota fuori posto sarà più evidente, mentre se proseguono a suonare la “stecca” non verrà notata. In musica come nell’arte lo sbaglio, la svista, l’imprecisione devono essere ridotti al minimo; in tal modo saranno maggiormente tollerati dallo stesso pubblico, il quale, il più delle volte, non si accorgerà del nostro errore.

Non ci saranno opere perfette, ma solo opere in cui l’imperfezione non verrà notata per la ragione che essa sarà ridotta al minimo e perciò non costituirà un elemento di disturbo.

Ma a volte un difetto, un’irregolarità o un’imperfezione possono rendere un lavoro più interessante. Rompere l’armonia di una composizione con un elemento ad essa estraneo è un buon sistema per rendere l’opera più gradevole. Così creare intenzionalmente delle disarmonie che rompono con un’armonia generale può concorrere a migliorare l’effetto dell’intera composizione. Lo stesso principio è applicabile alla musica: una dissonanza, messa al punto giusto, può piacere più di una consonanza.

Fa parte poi della nostra stessa natura essere imperfetti. Lo stesso corpo umano non è perfettamente simmetrico; abbiamo spesso un occhio diverso dall’altro sia per forma che per colore; lo stesso naso di una persona il più delle volte è storto. Dunque se la natura stessa è imperfetta, perché dobbiamo accanirci quando in un volto la parte destra non è uguale a quella sinistra?

Francesco 26-11-2020

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