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I fratelli de Chirico

Il termine «metafisica» venne usato per la prima volta dal filosofo Andronico di Rodi (I secolo a.C.) per titolare quelle opere di Aristotele che non trattavano del precedente argomento, la fisica per l’appunto, e che proprio per questo furono catalogate nella “metafisica”, termine che tradotto significa “dopo la fisica”. Oggi, dimenticato il significato originario, si usa più in generale per esprimere ciò che esiste oltre l’apparenza sensibile della realtà empirica. Il pittore Giorgio de Chirico, durante il suo soggiorno a Parigi tra il 1911 e il 1915, usa per primo questo appellativo sia parlando di luoghi, sia di dipinti propri e delle opere dei grandi maestri del passato; anche il fratello Alberto Savinio (Andrea de Chirico) ebbe fin dall’inizio della sua attività artistica un ruolo importantissimo nella creazione della poetica metafisica.

La nascita della pittura metafisica avvenne a Firenze nel 1910. I quadri di questo periodo erano memorabili per le pose e per gli atteggiamenti evocati dalle nitide immagini. Mentre era ricoverato all’ospedale militare di Ferrara nel 1917, Giorgio de Chirico conobbe il pittore futurista Carlo Carrà, con cui iniziò il percorso che lo portò a perfezionare i canoni della pittura metafisica: a partire dal 1920 tali teorizzazioni furono divulgate dalle pagine della rivista “Pittura metafisica”. Questa sarà presto ispiratrice di architetture reali realizzate nelle città di nuova fondazione di epoca fascista, dove il razionalismo italiano lavorerà anche su forme, spazi e particolari architettonici metafisici.

La pittura metafisica crebbe quindi in Italia, a Ferrara in particolare. Fu una novità rispetto alla pittura delle Avanguardie e dei Futuristi, anche per il ritorno dei soggetti classici che ricordavano l’Antichità greca e romana ed i temi del Risorgimento nazionale. La parola “metafisica” raffigura l’inconscio e il sogno, il surreale. Come nel sogno i paesaggi appaiono realistici, ma assemblati confusamente: una piazza non è necessariamente accanto a un campo di fiori. I quadri metafisici spesso ritraggono piazze italiane considerate misteriose e romantiche: i personaggi presenti in queste piazze sono spesso statue greche o manichini. Nelle opere tutta l’attenzione va alla scena descritta, una scena immobile senza tempo (come un sogno), spesso un luogo silenzioso e misterioso, un palcoscenico teatrale senza emozioni. Tra le due guerre in Italia si ebbero numerose riproduzioni architettoniche della poetica metafisica delle “Piazze d’Italia”, la cui atmosfera atemporale appariva congeniale alle esigenze dell’epoca fascista. Piazze di sapore metafisico furono costruite nei centri storici, come a Brescia o a Varese, oppure in città di nuova fondazione, come quelle dell’Agro Pontino (Littoria-Latina, Sabaudia, Aprilia…), per culminare nello spettacolare impianto rimasto incompiuto dell’E42 (attuale Quartiere EUR di Roma).

La figura del manichino, presente anche nell’opera “Le muse inquietanti”, dell’uomo-automa contemporaneo (Il grande metafisico, 1917), fu ispirata a Giorgio De Chirico”dall’uomo senza volto”, personaggio di un dramma del fratello Alberto Savinio, pittore, musicista e scrittore, la cui arte si caratterizza per alcune tendenze particolari: il gusto del fantastico, dell’ignoto e della compenetrazione uomo-animale; lo smascheramento degli autoinganni e delle certezze borghesi; la tendenza alla parodia (specie di soggetti mitologici), all’ironia e al citazionismo. Queste ultime componenti lo differenziano in maniera decisiva dalle tonalità più radicali dell’Avanguardia di primo novecento. Si oppose per esempio al credo futurista della distruzione dei musei, o alla moda surrealista della scrittura automatica. Importante nella sua cultura fu il riferimento alla grecità classica, e per questo viene spesso definito “surrealista mediterraneo”. Sul piano politico, esordì manifestando idee fortemente antisocialiste e interventiste durante la prima guerra mondiale (1915-1918). Fra le sue pagine torna spesso la critica alla democrazia e all’egualitarismo, colpevoli a suo dire di aver ingrigito e banalizzato l’arte. Durante il fascismo (1922-1943), dopo una prima fase di vicinanza al regime (collaborerà alla rivista di Gravelli “Antieuropea” e al “Lavoro Fascista” negli anni Trenta, dedicando fra l’altro alcuni reportage alle recenti bonifiche nell’Agro Pontino), se ne allontanò a partire dal 1939 (non farà infatti parte del periodico “Primato” voluto da Giuseppe Bottai).

Importante: Alla morte del padre, nel 1905, i due fratelli, con la madre Gemma, lasciarono la natia Grecia e, dopo un primo soggiorno in Italia, con soste a Venezia e a Milano per conoscere il loro paese d’origine, si trasferirono a Monaco di Baviera. Qui Giorgio de Chirico frequentò l’Accademia di Belle Arti e il quindicenne Alberto Savinio prese lezioni di armonia e contrappunto dal famoso compositore Max Reger. Le suggestioni che entrambi i fratelli de Chirico ricevettero dalla cultura tedesca furono essenzialmente quelle del pensiero di Schopenhauer, di Nietzsche e di Otto Weininger, oltre a quelle della musica di Wagner e della pittura di Arnold Böcklin.

(MER 9/12/20)

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