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ART-icoliElia, le icone, la Russia

Elia, le icone, la Russia

Secondo quanto si legge nei libri dei Re, Elia fu un grande profeta. Egli svolse la propria missione sotto il re Acab (875-852 A.C.). Quando la regina Gezabele sterminò tutti i profeti di Israele per instaurare il culto del solo dio Baal, restò l’ultimo fedele al Dio di Abramo, ma sfidò e vinse i 450 profeti del dio Baal sul monte Carmelo: qui, dopo che essi avevano pregato inutilmente il loro dio per tutto il giorno, dimostrò la potenza di Dio accendendo, con la preghiera, una pira di legna verde e bagnata. Dopodiché, presso il torrente Kison, uccise, con l’aiuto del popolo, tutti i 450 sacerdoti di Baal. Per sfuggire all’ira di Gezabele fuggì sul monte Oreb, dove parlò con Dio. Chiamò Eliseo a seguirlo e ad essere il suo successore, lasciandogli il proprio mantello. Infine, ascese verso il cielo con «un carro di fuoco e cavalli di fuoco» . Egli, dunque, non avrebbe conosciuto la morte, così come il patriarca Enoch, antenato di Noè.

Il profeta Elia proviene dalla tribù di Beniamino. Egli ha una grande importanza nel sentimento religioso ebraico in quanto si ritiene che, come narra la Bibbia, non sia morto, ma sia stato assunto in Cielo anima e corpo e di tanto in tanto ricompaia sulla terra “sotto mentite spoglie” per aiutare il popolo ebraico in difficoltà. Il profeta Malachia profetizzò che Elia sarebbe tornato prima del giorno del Signore dell’Era messianica. Secondo la religione cristiana, la profezia di Malachia si è adempiuta in Giovanni il Battista. Inoltre, Elia apparve con Mosè durante la trasfigurazione di Gesù, a rappresentare la continuità di Cristo con la legge (Mosè) ed i profeti (Elia); mirabile la raffigurazione che ne fece Raffaello Sanzio nella sua ultima opera. Secondo i Vangeli, alcuni pensavano che Gesù fosse Elia ritornato sulla terra (anche Gesù chiede agli apostoli: «La gente chi crede che io sia?» «La gente dice che tu sei Elia») o che lo chiamasse sulla Croce (mentre Egli, invece, invoca Dio: equivoco derivante dall’etimologia del nome di Elia, che in ebraico significa “il Signore è il mio unico Signore”).Nella tradizione cattolica è il modello dei contemplativi e dei monaci. L’ordine del Carmelo, sorto nei luoghi in cui Elia visse e svolse la sua missione, lo considera proprio padre e ispiratore.

Fin dai primi secoli del Cristianesimo, l’episodio dell’Ascensione di Elia era considerata un’anticipazione di quella di Gesù. Il nome di Elia ricorda quello di Helios, il sol invictus della tradizione pagana occidentale; sul carro rosso di fuoco del profeta si depositano pertanto anche le più antiche immagini del carro del Sole. Ma, nel nord della Rus’ di Kiev, alla figura di Elia si sovrappone quella del dio Perun, signore dell’atmosfera, del tuono e della folgore. Questo spiega la devozione dei ceti rurali per il profeta, come pure la moltiplicazione di chiese che gli sono state intitolate nel corso dei secoli, ricche di preziose icone.

La manifattura e diffusione delle icone in Russia ebbero inizio con l’entità monarchica detta Rus’ di Kiev, alla quale seguì nel 988 la conversione del popolo russo alla cristianità ortodossa. Come regola generale, l’iconografia di questo periodo seguì fedelmente regole e generi propri e ammessi dall’arte bizantina, il cui centro principale era la capitale Costantinopoli. Con il trascorrere del tempo, la varietà di stili e di tipologie artistiche si ampliarono in modo non irrilevante anche in Russia, ma molto meno di quanto accadde nel resto del mondo ortodosso.

Solitamente le icone russe sono pitture su tavola di dimensioni relativamente piccole, sebbene nelle chiese e nei monasteri si possano trovare icone considerevolmente più grandi. Molte icone russe furono realizzate in rame, un materiale economicamente accessibile, per durata e aspetto visivo in parte simile all’oro delle icone presenti nelle chiese e monasteri, dove il punto di collocazione dell’opera e la preziosità della materia prima prescelta marcavano l’importanza e la sacralità del contenuto religioso rappresentato. In modo simile, numerose abitazioni private russe riservavano una parete cui erano appese le icone sacre (il Krasnyj ugol), per il culto domestico.

La maggior parte delle icone russe è stata realizzata con la tecnica della pittura a tempera su massello di legno, oppure su tela incorniciata in massello di legno. La foglia d’oro è il materiale spesso impiegato per riprodurre l’aureola di angeli e santi, e per fungere da colore dello sfondo. Talora era sostituito da argento pitturato con gommalacca, mentre altre sono prive di qualsiasi doratura, con eventuali aggiunte di stagno, bronzo e argento al contorno esterno. Non appena la pittura era asciutta, le immagini erano regolarmente trattate con un riporto di olio siccativo, ben visibile ad occhio in numerose icone.

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica (1917-1991), molte icone ritornarono sul suolo russo, riacquistate da musei statali, da collezionisti privati, oppure donate come la Madonna di Kazan’, che papa Giovanni Paolo II (1978-2005) restituì alla Chiesa ortodossa russa. Infatti, nel marzo 1993, l’icona della Madonna di Kazan’ era stata donata al papa, devotissimo alla Madonna, che l’ha custodita nel suo studio privato fino a quando, il 28 agosto 2004, nell’impossibilità di recarla personalmente in Russia, l’ha a sua volta donata al patriarca di Mosca Alessio II (1990-2008), quale auspicio per il dialogo tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa, dialogo che Benedetto XVI (2005-2013) portò avanti proprio con Alessio II e che si protrae tuttora.

(LUN 31/5/21)

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